Memories into the bush, Mambova Rapids

Zambesi  quarto fiume africano per lunghezza e bacino idrico. Nasce in Zambia e dopo un breve tratto in Angola scorre verso Est, toccando Namibia e Botswana, segna il confine tra Zambia e Zimbabwe, attraversato il Mozambico si getta nell’Oceano Indiano. 
Fu David Livingstone esplorando il corso nel 1855, a scoprire le famose cascate da lui chiamate Vittoria e, proprio nella città dedicata al leggendario esploratore inglese, incontriamo James Hitchins , un’artista zambiano, grande amante della pesca sportiva, che si dedica raccontare, attraverso dettagliati disegni a carboncino, la vita nel suo fiume; James è anche il fondatore della Save The Zambezi Foundation, un'organizzazione senza scopo di lucro per la conservazione dell’ambiente e della fauna selvatica. Ci racconta che, oltre al problema della mancanza di controlli nel fiume, il male più grande sono le Mosquito Nets; le zanzariere distribuite dalle ONG e dall’Onu per la lotta alla malaria, vengono utilizzate, dalle popolazioni dei villaggi che vivono sul fiume, per pescare pesci anche di piccolissima taglia. Il pesce pescato essiccato oppure affumicato, viene venduto ovunque, dai mercati alle fermate dei bus, dai piccoli villaggi alle grandi città. Uova larve avannotti, vengono invece abbandonati a morire, impedendo al fiume di rinascere e continuare la sua vita. 
Rimaniamo colpiti da questa storia, ci informiamo su come poter trovare testimonianze lungo il nostro percorso fino a Mongu, nella plana dello Zambesi, la nostra meta finale. Gli mostriamo la mappa con il nostro itinerario lungo il fiume, ci dice che a Kazungula potremmo trovare, oltre che un posto per dormire, qualcuno da poter intervistare se saremo fortunati.
Nei giorni successivi raggiungiamo, Kazungula, un villaggio di frontiera davanti il confine con il Botswana ad una sessantina di km dalle cascate Vittoria. Trovato un alloggio per la notte ci dirigiamo verso il fiume, per incontrare alcuni pescatori con cui parlare, non usano reti, ma canne da pesca fatte con filo e bambù, passiamo del tempo con loro assieme alla nostra guida locale, autonominatosi nostro protettore in cambio di “qualche” birra, si spacciava per un mezzo agente segreto, mostrava continuamente, e con orgoglio, gli importantissimi contatti sul suo telefono: Boris Johnson, Mi 16, Putin, Narcos sudamericani ecc. 
Camminando lungo il fiume troviamo un bar, con un grande giardino arredato con le creazioni di Palumo, il proprietario, con cui passiamo gran parte della giornata a chiacchierare; ama molto la natura, ha anche lavorato per anni come veterinario in Sudafrica, alcuni anni fa è poi tornato, per avviare un proprio business e vivere tranquillo. 
Gli raccontiamo il nostro progetto, il perché eravamo in Zambia, e delle cose che stavamo imparando sul fiume, ci dice che dobbiamo assolutamente conoscere il suo migliore amico, Richard, un “bianco”, lo chiama immediatamente e nel tardo pomeriggio ci raggiunge. 
Richard Chalho è nato in Rhodesia, l’attuale Zimbabwe, è proprietario di un Lodge sul fiume, per la pesca sportiva, vicino Mambova, un piccolo villaggio distante una decina di km. Da tutto il mondo appassionati pescatori vengono su questo fiume per cercare catturare il TIGERFISH, un famoso pesce africano molto aggressivo e combattivo, ma da alcuni anni per via delle lunghe siccità conseguenza dei cambiamenti climatici, l’inquinamento causa del peso antropico e la pesca di frodo, hanno distrutto il suo business:  nel fiume non ci sono più pesci.
Birra dopo birra, ci racconta delle discussioni che regolarmente ha con gli abitanti dei villaggi, da anni cerca di spiegare a loro che usare le zanzariere uccide il fiume e di conseguenza un giorno, non ci sarà più nemmeno cibo per loro: con la voce resa rauca dalle tante sigarette, esprime tutta la sua frustrazione e la sua preoccupazione.  
Il sole sta calando e il cielo, sopra questo pezzo di Zambesi si infiamma, corriamo verso la riva per fare delle fotografie: lui dopo aver esclamato “AWWWWW SHIT!! A GREAT SHOT!!!” con il suo smartphone, mostra orgoglioso la sua opera alle donne che stavano riempiendo secchi d’acqua al fiume. Ritornati al pub di Palumo ci salutiamo e diamo appuntamento alla mattina seguente. 
Richard viene a prenderci  al villaggio con un pickup, ci ospiterà qualche giorno a casa sua, in riva ad un ramo dello Zambesi, vuole aiutarci a incontrare dei pescatori e a documentare mentre fissano le zanzariere, (oltre alla solidarietà per due randagi momentaneamente orfani di casa) è il 12 Marzo 2020 e tutto il mondo parla dell’evolversi della Covid in Italia.
Tra una pausa per spingere auto in panne nel fango, e uno stop in qualche shop sulla strada per far provviste, raggiungiamo la sua proprietà, il “Mambova Rapids Lodge” è grande circa due km quadrati, nella boscaglia selvaggia, recintata da filo spinato per limitare le incursioni degli animali. 
Ci sono varie abitazioni, fatte in pietra con il tetto di giunchi, cinque chalet con tutti i servizi, una hall con il bar, una piccola piscina, infine la River House, la struttura più grande in riva al fiume, con quattro posti letto con zanzariera, dove Richard vive e ci ospita. La cucina è grande e spaziosa, armadi con varie dispense, una radio con le sue compilation di musica dance anni 90, e sotto la grande veranda con giardino, c’è un gigantesco tavolo ricavato dalla sezione di un albero, e delle panche. Alcune delle strutture sono quasi abbandonate, in attesa di essere ristrutturate in tempi migliori, ma in passato poteva accogliere fino a 30 clienti in un contesto molto caratteristico, offrendo molti servizi tra cui tour di pesca, birdwatching e escursioni nel parco di Chobe o dell'Okavango.
Un paio di anni fa ha anche costruito una gigantesca vasca, dove vorrebbe allevare i pesci da reintrodurre nel fiume, progetto purtroppo in stallo, racconta con aria scocciata, è in attesa che gli vengano concessi i permessi da molti mesi; ma non si è dato per vinto, ci svela che, ha introdotto molti pesci in alcuni stagni che conosce solo lui, lo ha fatto durante la stagione secca, il livello dell’acqua aumentando nella stagione piovosa, annetterà a se gli stagni, ripopolando nel suo piccolo lo Zambesi.

Siamo nel pieno della stagione delle piogge e, poco dopo il nostro arrivo, mentre Richard ci mostra orgoglioso il suo gigantesco orto, scoppia un temporale improvviso; l’acqua scende forte, i profumi della terra e della vegetazione si espandono nell’aria, corriamo sotto la tettoia di fronte al fiume ad aspettare che passi il maltempo. Mentre la pioggia risana il fiume, dopo anni di siccità, sotto il grande porticato di giunchi della River House, mostra album di vecchie fotografie, raccontano la sua storia, la storia delle strutture, parla i suoi genitori con cui a costruito tutto, i braccianti che lavoravano e lavorano per lui, le foto dei trofei di pesca dei suoi clienti, il leone che abbattè per proteggere il villaggio vicino; è contento che piova, negli ultimi anni ha piovuto troppo poco, ed il fiume si era ristretto molto, ora sta di nuovo crescendo, lo controlla ogni giorno piantando e spostando dei bastoncini sulla riva, per vedere il livello dell’acqua. 
Con lui, in quei giorni viveva anche Chipango o Jean Baptiste, un haitiano suo amico, lo sta aiutando a costruire un sistema di irrigazione nell'orto e nel resto della proprietà. Chipango è un uomo di mondo, con tante storie da raccontare, dal fisico ben tenuto e lunghissimi dread, ha 56 anni e ha deciso di fermarsi in Africa. Il temporale è passato, una volta acceso il carbone (in grandissima parte dell’Africa il carbone è l’unico modo che si ha per cuocere) e preparato le braci su un fornello, Chipango cucina per noi. 
Subito dopo Richard prepara il suo motoscafo, vuole portarci a fare riprese sul fiume al tramonto, con noi viene Matley, il suo simpaticissimo Boston terrier. Il sole scende lungo l’orizzonte, mentre sfrecciamo nei canali, ci mostra bellezze che,  solo un uomo cresciuto sul fiume può conoscere; ad un certo punto prepara una canna da pesca, e comincia a lanciare,  la passa per farmi provare, racconta che in quel punto era “per ogni lancio, un tigerfish o una bream” adesso invece nulla, anche stando tutto il giorno a provare; per questo non accetta più clienti, non vuole che se ne vadano delusi per non pescare nulla, differenza dei suoi competitors, che ne accettano di continuo.
Rientriamo mentre il cielo si tinge di mille tonalità rosse e blu, sulle nostre teste vola un grande stormo di rondini, sta migrando verso Nord, verso casa nostra, sempre nei nostri pensieri. 
La sera un costellato cielo australe è attraversato continuamente da nuvole che corrono veloci, la linea dell’orizzonte si illumina con piccoli lampi di qualche temporale lontano; riparati nelle zanzariere, nei nostri letti in riva al fiume, ci addormentiamo con il rumore dell’acqua che scorre, con una sinfonia di animali notturni in canto, scandita dal echeggiare del ruggito di qualche ippopotamo.
La mattina i collaboratori, che vivono nei villaggi vicini, accendono il fuoco per scaldare l’acqua della caldaia per una doccia calda, mentre altri stendono i panni lavati. Richard è indaffarato sul motore di uno dei suoi pickup; è una persona molto pratica ed incredibilmente ingegnosa, sempre indaffarata a smontare o aggiustare qualcosa; in quei giorni i generatori della River house si sono rotti quindi, per generare corrente, aveva collegato l’impianto elettrico della casa alla batteria una delle sue auto, che accendeva quando ne avevamo bisogno.
Nel pomeriggio risaliamo in barca il fiume, il cielo è di un azzurro brillante e infinite nuvolette bianche si ripetono all’infinito in ogni direzione; costeggiando il confine con la Namibia, entriamo in un labirinto di canali e canneti fino a raggiungere il villaggio di Mambova; attracchiamo su una piccola spiaggia che funge da pontile; donne e bambini riempiono secchi di acqua  da portare nelle loro case, insieme a loro raggiungiamo il piccolo market del villaggio. Cristian, il mio compagno di viaggio fa volare il drone, una ventina di bambini accorrono curiosi a vedere la novità, giocando e ridendo felici a rincorrere quello strano oggetto volante. 
Nessuno del villaggio sarebbe uscito nella notte a pescare, quindi torniamo alla nostra barca, nel viaggio di ritorno, l’acuto occhio di Richard scorge un grosso cavo arrugginito  legato ad un albero, ci avviciniamo con prudenza alla riva; non c’è nessuna rete attaccata, il grosso cavo è stato tagliato dai pescatori dopo aver recuperato le reti. Rabbioso per la scoperta, spiega che per fissare le Mosquito Nets, vengono usati funi d’acciaio come quella, servono molte persone ad issarlo da sponda a sponda, e molte di più a tirare fuori dall’acqua, la rete piena di pesci, uova, crostacei, conchiglie anche coccodrilli delle volte. In alcuni punti del fiume, vengono usate reti anche lunghe un chilometro. 
Rientrati al lodge, il telefono squilla, è Palumo, deve parlargli di un possibile lavoro, quindi l’indomani lo raggiungiamo a Kazungula; arrivati al villaggio dopo un difficile tragitto in auto a causa delle strade infangate, ci addentriamo nel cuore del mercato locale con due secchi pieni di peperoncini, parlando con le donne delle bancarelle. In questo momento di poco lavoro, Richard guadagna soldi extra vendendo i suoi ortaggi ai mercati vicini o aggiustando macchinari come il tosaerba che aiutiamo a caricare sul pickup. 
Il villaggio di Kazungula è l’unico punto di frontiera tra Zambia e Botswana, il collegamento tra i due paesi africani è da sempre affidato ai traghetti che fanno da sponda a sponda. Recentemente è iniziata la costruzione di un ponte per unire i due stati divisi dallo Zambesi. Il cantiere del ponte necessita di essere pulito costantemente dalle river weeds, piante galleggianti che vengono costantemente trasportate dalla piena fiume; Richard ha la barca e tutti i permessi necessari per poter fare questo lavoro, oltretutto ben retribuito.
La sera seguente, dopo che Richard ha cucinato per noi la sua specialità, la coda di bue, riusciamo a incontrare un pescatore della zona. Nel tardo pomeriggio, dopo aver avvistato lungo il fiume un grosso coccodrillo, avvertita la gente del villaggio vicino di fare attenzione a raccogliere l’acqua sulla riva, raggiungiamo il luogo dell’incontro. 
Mike, così si chiama il pescatore, esce da un canneto su di una canoa di legno, vestito con una tuta da lavoro; una volta ancorata la canoa alla riva, sale sul nostro motoscafo, anche lui usa le zanzariere per pescare e sa dove poter trovare qualcuno che le potrebbe usare quella notte. Parliamo con lui, è consapevole della distruzione che creano all’ambiente marino e gli dispiace, ma le Mosquito Nets sono le migliori per pescare, costano molto poco, e la gente come lui lo fa solo per sopravvivere, per mangiare.
Con il calare della notte raggiungiamo il punto dove i pescatori metteranno le reti, attraccando alla riva in un punto tra isole fluviali ricolme di vegetazione, a fianco di una piccola canoa; il nostro contatto scende e si addentra nella boscaglia urlando, nessuno gli risponde, prova allora a telefonare per chiedere spiegazioni:  alcuni uomini non si son sentiti bene, hanno la febbre, probabilmente malaria; non uscirà nessuno anche quella notte.
La mattina successiva per noi era arrivato il momento di ripartire per il nostro viaggio, dopo averci salutato per l’ultima volta al villaggio di Kazungula, Richard deve recarsi a parlare con i boss del cantiere per la  manutenzione del ponte. 
Il lavoro poi l’ha ottenuto ed è andato bene, nei mesi successivi ha lavorato ed è stato subito pagato, racconta felice mentre lo videochiamiamo dall’Italia alcuni mesi dopo, sorridente al tramonto nel suo piccolo angolo di paradiso immerso nella natura selvaggia. Mambova Rapids un luogo che nel nostro cuore ha assunto un significato importante, la sua ospitalità, l’amicizia di Richard, di Chipango e Matley, ci hanno dato per qualche giorno una nuova casa, quando casa nostra era momentaneamente chiusa a tutto il mondo, una casa nella boscaglia dove saremo sempre i benvenuti.
In uno dei giri in barca, mentre ci mostrava come le poche piogge degli ultimi quattro anni e mosquito Nets avessero cambiato quella parte di Zambesi, vidi un falco volare basso sopra i canneti , lo indicai, Richard mi guardò e con la sua voce rauca, aspirando la sigaretta chiese con tono deciso: “hai visto le Aquile sul fiume?” Risposi di no, lui esclamò; “Fino pochi anni fa qui era pieno di aquile pescatrici, ora sono andate!” “dove?” Gli chiesi io incuriosito, aspirando profondamente la sigaretta, con voce affranta disse  “Andate, tutte morte!”.


























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