Border lands acque di confine


Dove finisce il Danubio? In questo incessante finire non c’è una fine, c’è solo un verbo all’infinito presente. I rami del fiume se ne vanno ognuno per conto proprio, si emancipano dall’imperiosa unità-identità, muoiono quando gli pare, uno un po’ prima e uno un po’ dopo, come il cuore, le unghie o i capelli che il certificato di morte scioglie dal vincolo di reciproca fedeltà. Il filosofo avrebbe difficoltà, in questo intrico, a puntare il dito per indicare il Danubio, la sua precisa ostensione diverrebbe un incerto gesto circolare, vagamente ecumenico, perché il Danubio è dappertutto e anche la sua fine è dovunque in ognuno dei 4300 chilometri quadrati del Delta.
(Claudio Magris – Danubio)

“Bate ventu” si dice in Romania, in questa arida e sabbiosa isola nel Delta del Danubio, il vento batte molto forte, gli occhi lacrimano camminando attraverso le immense praterie nate nei millenni dai sedimenti fluviali; la strada prende il colore delle ere geologiche, a volte grigia, a volte gialla, a volte rossa. In lontananza gruppetti di mucche pascolano tranquille ed i cavalli, eredi di quelli arrivati qui con i cosacchi nel XVIII secolo, corrono liberi in questa biosfera unica al mondo. Mentre il vento porta con se’ da lontano, l’odore di un canneto in fiamme, entriamo in un villaggio: lungo la strada deserta un gruppo di oche ci accoglie controllando ogni nostro passo, incrociamo qualche mucca libera per le vie del centro, ci sono trattori e barche arrugginite, recinti per il bestiame, una chiesa ortodossa, fattorie e case diroccate.
C.A.Rosetti è un’ isola sabbiosa di circa 270 chilometri quadri, tra il canale centrale del delta e quello meridionale che segna il confine con l’Ucraina, circondata da canneti ad ovest e dal mar nero ad est. Un comune con meno di 900 abitanti nel delta, composto da cinque piccoli villaggi: C.A. Rosetti, Cardon, Letea, Sfiștofca, Periprava. Villaggi di pescatori e allevatori di bestiame, che nei secoli si sono adattati ai ritmi della vita in queste terre. 

Le case tradizionali costruite in legno e dipinte di blu bianco o verde, sono coperte in buona parte da un tetto di canne di palude e giunchi; sulla loro sommità spesso vi è uno stemma, simile alla testa di un uccello, che ne rappresenta le origini della famiglia o il gruppo sociale di chi ci vive.  Oltre ai rumeni, molti  degli abitanti sono Vecchi Credenti Lipoveni, cristiani ortodossi di origine ucraina, migrati qui molti secoli fa per scampare alle persecuzioni religiose. 
Sin dai tempi antichi, la pesca in acqua dolce è stata sia fonte la fonte di cibo e l’occupazione principale degli abitanti del Delta del Danubio.
Durante il periodo socialista la pesca era organizzata in “brigate” assegnate a una sola fabbrica piscicola, che copriva l’intero distretto lavorativo del Delta, dai pescatori ai preparatori di pesce e del caviale di storione, spesso donne. Durante l’inverno, i pescatori lavoravano sulla preparazione delle attrezzature, mentre in primavera pulivano i canali per garantire la riproduzione dei pesci.
Dopo il socialismo, viene costituita Riserva della Biosfera, la de-industrializzazione della pesca, le limitazioni e l’interdizione delle varie attività relative, portano come conseguenza la mancanza di lavoro, facendo diventare questi luoghi, tra le aree con il più alto tasso di disoccupazione della Romania; un altra conseguenza fu la perdita di tradizioni secolari, come la costruzione dei tetti in canne e giunchi, tipici di questa area, tecniche di pesca e all’abbandono delle pratiche di cura del territorio, la pulizia dei canali secondari, taglio dei canneti. Negli ultimi anni, alcuni pescatori hanno cominciato a vivere grazie al turismo, trasformandosi in guide locali e affittacamere, offrendo servizi ai birdwatchers ed ai molti appassionati di pesca sportiva che arrivano qui da tutta Europa per pescare in queste acque.
Raggiungiamo, la prima sera, il villaggio di Letea, lungo le enormi strade di sabbia vediamo molte case abbandonate, alcune cadono a pezzi, non incontriamo nessuno fino quando il navigatore ci porta dal nostro affittacamere; chi vive ancora qui, lavora tra i campi e pascoli, non vi sono negozi o botteghe, ma un unico piccolo Market, al suo interno "di tutto", aperto solo dal tardo pomeriggio, che la sera si trasforma in Pub, diventando il centro della vita del villaggio, molti sono vestiti con abiti da caccia, alcuni portano un colbacco, fieri delle proprie origini cosacche, la gente continua ad arrivare, molti escono, molti con le loro birre si siedono sotto veranda fatta di canneti, tra tavolini in ferro arrugginiti tutti ridono allegri, giovani e vecchi. Dopo un paio di birre rientriamo nella nostra Guest house, nel buio lungo l’orizzonte vediamo vari canneti bruciare, le fiamme sono così alte che le si possono vedere a distanza qualche chilometro.

Il giorno dopo ripartiamo, per raggiungere il villaggio di Periprava, sul canale Sfintu Gheorghe, il più a nord del delta rumeno, si attraversa per alcuni chilometri una foresta subtropicale, la Foresta di Letea, un ecosistema unico in Europa, la più antica aera protetta della Romania, circondato da praterie e canneti, qui vi trovano riparo molti animali tra cui pellicani, aquile dalla coda bianca ed i cavalli del delta del Danubio, circa due mila, tra gli ultimi del vecchio continente a vivere ancora allo stato brado. 
Arriviamo alla nostra meta nel tardo pomeriggio, camminando controvento per ore tra praterie e antiche foreste, lungo una strada fatta di sabbia marina e resti di conchiglie. Nel cielo si vede del fumo nero che sale da lontano, le mucche ci osservano dai loro recinti, finalmente incontriamo delle persone, e ci indicano la strada la guest house, l’unica aperta in questa stagione, il nostro “hospitalero” ci attende lungo la strada, la sera ceniamo con lui: peperoncini ,minestra di pesce, grappa di prugne. Scopriamo che è un biologo e si occupa del prelievo dei campioni d’acqua del fiume per le analisi di controllo, che verranno poi fatte nei laboratori di Tulcea, la città più importante nell’area del Delta. Ci spiega che tanti sono i pericoli che minacciano queste acque: metalli, scarichi di industrie e microplastiche arrivano sino qui, perché qui è la fine di un lungo percorso che inizia nella foresta Nera in Germania ed attraversa i Balcani per 3000 km, concludendo il suo lento viaggio in un ecosistema unico al mondo, delicato e fragile. C’è scarsissima educazione ambientale, non esiste un sistema di smaltimento dei rifiuti da queste parti, la gente ingenuamente, non conosce i danni che può portare all’ambiente. Le istituzioni sono assenti in questa zona, fanno ben poco per aiutare l’ambiente, nemmeno lui è conoscenza dei dati di laboratorio ottenuti tramite i suoi prelievi. Chiediamo infine il perché dei tanti canneti in fiamme, ci spiega che senza il fuoco la palude marcisce e muore, i canneti in decomposizione vanno ad avvelenare gli stagni uccidendo poi i pesci. Incendi controllati, una tecnica illegale e ma diffusa all’interno dell’aera protetta del delta, purtroppo necessaria per la rinascita della vita all’interno palude in primavera.


Che sia uno dei modi che l’uomo ha, per aiutare la natura in cui vive?
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